
Sei lì, davanti allo schermo del tuo computer, e finalmente hai inserito quella grafica perfetta che spiega il tuo modello teorico meglio di mille parole. Sei soddisfatto, ti senti quasi un grafico professionista. E poi arriva il momento della didascalia. Il cursore lampeggia sotto l’immagine, aspetta, e tu… ti blocchi. Cosa diavolo devi scriverci? “Figura 1”? “Immagine del modello”? E la fonte, dove va messa? Come ben saprai, dopo mesi passati a costruire la tua tesi parola dopo parola, l’idea di rovinare tutto per un dettaglio apparentemente banale come una didascalia ti terrorizza un po’.
Eppure le didascalie non sono affatto un dettaglio secondario, anzi: sono il ponte tra le tue immagini e chi leggerà il tuo lavoro, commissione di laurea compresa. In questa guida scoprirai non solo come scrivere didascalie impeccabili, ma anche 10 esempi concreti per ogni situazione che potresti incontrare nella tua tesi. Che tu debba citare un fotogramma di un film, un grafico scientifico o una tua fotografia originale, qui troverai la formula giusta per ogni esempio didascalia immagine tesi possibile.
Pensa alle didascalie come alla carta d’identità delle tue immagini. Proprio come tu hai nome, cognome e data di nascita, ogni figura nella tua tesi deve avere un numero progressivo, una descrizione e una fonte. Semplice sulla carta, ma cruciale nella pratica. Le didascalie immagini tesi svolgono infatti una duplice funzione: da un lato sono informative, perché numerano l’immagine e citano la fonte originale, dall’altro sono esplicative, perché chiariscono al lettore cosa sta guardando e perché quella figura si trova proprio lì, in quel punto del testo.
Ma c’è di più. Ti starai chiedendo perché sono così importanti, vero? La risposta ha tre facce. Prima di tutto c’è una questione di copyright: ogni immagine che non hai creato tu appartiene a qualcun altro, e devi sempre specificare da dove l’hai presa. Secondo, c’è un aspetto organizzativo: immagina una tesi con venti grafici tutti chiamati genericamente “immagine” senza numerazione. Come faresti a ritrovarli o a citarli nel testo? Infine c’è la professionalità: una tesi senza didascalie corrette grida “lavoro fatto di fretta” e il tuo relatore lo noterà al primo colpo d’occhio.
Ricordo la storia di un mio amico che aveva inserito una quindicina di fotografie storiche nella sua tesi di Storia dell’Arte. Tutto perfetto, immagini nitide, layout impeccabile. Unico problema: nessuna didascalia. Il relatore gliele ha fatte rifare tutte, con conseguente ritardo di due settimane sulla consegna. La morale? Non sottovalutare mai questo passaggio. Ma come si scrive una didascalia che funzioni davvero?
Ogni didascalia ben costruita segue una formula base che puoi adattare al tuo caso specifico. La struttura classica prevede tre elementi fondamentali: numero progressivo + titolo o descrizione + fonte. Sembra complicato? In realtà è come seguire una ricetta: una volta capiti gli ingredienti, diventa automatico.
Il numero progressivo funziona con un sistema a doppia cifra separata da un punto. La prima cifra indica il capitolo, la seconda indica la posizione dell’immagine all’interno di quel capitolo. Quindi se stai inserendo la quinta immagine del secondo capitolo, scriverai “Figura 2.5”. Questo sistema è geniale perché ti permette di capire subito dove ti trovi nella tesi anche solo guardando il numero della figura. Chiaramente ogni volta che inizia un nuovo capitolo, la numerazione delle immagini riparte da uno.
Ma quando serve una descrizione lunga e quando invece basta la numerazione con la fonte? Qui sta il trucco: se nel testo hai già spiegato dettagliatamente cosa rappresenta l’immagine con una frase tipo “come illustrato nella Figura 2.5, l’andamento delle temperature mostra un picco…”, allora nella didascalia puoi limitarti a scrivere il numero, un titolo breve e la fonte. Se invece l’immagine compare senza essere stata introdotta esplicitamente, la didascalia deve essere più descrittiva.
Facciamo tre esempi pratici per vedere come funziona nella realtà. Per un grafico statistico con dati originali che hai elaborato tu stesso, la tua didascalia suonerà così: “Figura 1.3 – Andamento delle iscrizioni universitarie in Italia nel periodo 2020-2024 (Elaborazione dell’autore su dati MIUR, 2024)”. Vedi come in una riga hai fornito numero, descrizione chiara e fonte dei dati? Perfetto.
Secondo esempio: hai inserito una fotografia storica presa dall’archivio di un museo. In questo caso scriverai: “Figura 3.2 – Piazza del Duomo a Milano nel 1920 (Archivio Fotografico del Comune di Milano, inv. n. 4782)”. Anche qui, tutto chiaro e rintracciabile. Nota come ho incluso anche il numero di inventario: quando citi materiale d’archivio, questo dettaglio fa la differenza tra una citazione approssimativa e una da tesi seria.
Terzo caso: uno schema autoprodotto che spiega il tuo modello teorico. Didascalia tipo: “Figura 2.1 – Schema del modello di analisi proposto (Elaborazione dell’autore)”. Semplice, diretto, efficace. La formula “Elaborazione dell’autore” chiarisce subito che si tratta di un tuo contributo originale.
Un altro aspetto che nessuno ti dice mai riguarda il posizionamento: le didascalie delle figure vanno sempre sotto l’immagine, mentre quelle delle tabelle vanno sopra. Perché questa differenza? È una convenzione grafica consolidata: le tabelle si leggono dall’alto verso il basso, quindi è naturale che il titolo stia in cima. Le figure invece si osservano nella loro interezza, e la didascalia sotto chiude e completa l’informazione visiva.
Ora entriamo nel vivo con dieci esempi concreti che coprono praticamente ogni situazione tu possa incontrare. Ho raggruppato questi esempi per tipologia, così potrai trovare velocemente quello che ti serve, ma ricorda: l’importante è mantenere coerenza in tutta la tesi. Se scegli uno stile, mantienilo dall’inizio alla fine.
Partiamo dalle immagini prese da fonti esterne, che rappresentano la maggior parte dei casi. Il quarto esempio della nostra lista riguarda i fotogrammi cinematografici: mettiamo che tu stia scrivendo una tesi di Semiotica del cinema e debba inserire una scena cruciale di un film. La tua didascalia potrebbe essere: “Figura 1.8 – La scena finale di Blade Runner (Ridley Scott, 1982)”. Semplice ed efficace, con titolo del film, regista e anno. Se vuoi essere ancora più preciso, puoi aggiungere anche il minutaggio: “Figura 1.8 – La scena finale di Blade Runner, min. 112:34 (Ridley Scott, 1982)”.
Quinto esempio: hai trovato un’immagine perfetta in un libro e devi citarla. Ecco come fare: “Figura 2.4 – Rappresentazione schematica del ciclo cellulare (da Alberts et al., Biologia molecolare della cellula, 2019, p. 342)”. Noti la formula “da + autore + titolo + anno + pagina”? È lo standard per citare materiale bibliografico, e funziona sempre. Alcuni preferiscono mettere la citazione completa tra parentesi, altri usano il “da” seguito dai dati essenziali: scegli pure lo stile che preferisci, ma poi mantienilo costante.
Il sesto caso è particolarmente importante per le tesi scientifiche: il grafico preso da un articolo di ricerca. Qui entra in gioco lo stile citazione autore-anno che probabilmente usi già per la bibliografia. Esempio: “Figura 3.5 – Correlazione tra temperatura e crescita batterica (adattato da Smith & Jones, 2023)”. La parola magica qui è “adattato”: se hai modificato il grafico originale (cambiato i colori, tradotto le etichette, ecc.) devi specificarlo. Se invece l’hai copiato identico, scrivi semplicemente “(da Smith & Jones, 2023)” o “(fonte: Smith & Jones, 2023)”.
Passiamo ora ai contenuti autoprodotti, quelli che hai creato tu stesso. Il settimo esempio riguarda le fotografie scattate personalmente: magari stai facendo una tesi in Architettura e hai documentato un edificio. La formula corretta è: “Figura 4.2 – Facciata principale di Palazzo Strozzi, Firenze (Foto dell’autore, marzo 2024)”. La dicitura “Foto dell’autore” seguita dalla data è la convenzione standard e comunica immediatamente che si tratta di materiale originale. Alcune università preferiscono la formula latina “Foto dell’A.” ma è sempre meno usata: controlla le linee guida del tuo ateneo per sicurezza.
Ottavo esempio: hai raccolto dei dati attraverso questionari o esperimenti e li hai organizzati in una tabella. Come abbiamo detto, le tabelle hanno la didascalia sopra, e potrebbe suonare così: “Tabella 2.1 – Distribuzione dei rispondenti per fascia d’età e titolo di studio (Elaborazione dell’autore su dati raccolti tramite questionario, campione n=250, aprile 2024)”. Qui ho aggiunto anche la dimensione del campione e il periodo di raccolta dati: sono informazioni preziose che rendono il tuo lavoro più credibile e riproducibile.
Il nono caso riguarda diagrammi o schemi che hai creato tu: “Figura 5.3 – Diagramma di flusso del processo decisionale (Elaborazione dell’autore, realizzato con Microsoft Visio)”. Notevolmente, ho incluso anche il software utilizzato: non è obbligatorio, ma se hai usato uno strumento professionale specifico può essere utile menzionarlo, specialmente in tesi tecniche o scientifiche dove la scelta del software può fare la differenza.
Arriviamo infine ai casi speciali che creano sempre dubbi. Il decimo e ultimo esempio riguarda le immagini trovate sul web o sui social media, particolarmente rilevanti per tesi in Comunicazione, Marketing o Scienze Sociali. Supponiamo che tu debba citare un post Instagram di un brand: “Figura 6.1 – Post Instagram di Nike Italia del 15/02/2024 (Fonte: @nikeitalia, disponibile su https://www.instagram.com/p/xyz123, ultimo accesso: 20/03/2024)”. Qui è fondamentale includere l’URL completo e la data dell’ultimo accesso, perché i contenuti social possono sparire o essere modificati. Stesso discorso vale per immagini trovate su siti web: sempre citare l’URL e la data di consultazione.
Un ultimo consiglio trasversale a tutti questi esempi: quando inserisci le didascalie, usa i grassetti in modo strategico per far risaltare gli elementi chiave. Per esempio, potresti mettere in grassetto solo “Figura X.Y” oppure il titolo principale, ma non esagerare: troppi grassetti confondono invece di aiutare.
Abbiamo già accennato alla regola fondamentale: didascalie sotto le figure, sopra le tabelle. Ma perché questa distinzione? La logica è semplice: le tabelle si leggono riga per riga dall’alto verso il basso, quindi è naturale trovare prima il titolo che spiega cosa stiamo per leggere. Le figure invece si guardano nella loro interezza, l’occhio le coglie tutte insieme, e la didascalia sotto funziona come una “chiusura” che completa l’informazione visiva.
Ti racconto l’errore classico che ho visto fare almeno dieci volte: lo studente inserisce le didascalie un po’ sopra, un po’ sotto, un po’ di lato, senza criterio. Il risultato? Una tesi che sembra assemblata in fretta, dove ogni pagina ha un layout diverso. La coerenza è tutto: se hai deciso che le tue didascalie stanno sotto le figure allineate al centro, tutte le didascalie devono seguire questa regola. Nessuna eccezione, nemmeno “solo per questa perché non ci stava”.
Dal punto di vista pratico, Word e LibreOffice ti vengono in aiuto con la funzione “Inserisci didascalia” che trovi cliccando con il tasto destro sull’immagine. Questa funzione è fantastica perché numera automaticamente le figure in modo progressivo: se aggiungi un’immagine a metà capitolo, il programma numererà automaticamente tutte quelle successive. Eviti così di dover correggere a mano cinquanta riferimenti quando decidi di spostare una figura. Dalla finestra di inserimento didascalia puoi anche scegliere l’etichetta (Figura, Tabella, Grafico) e decidere se includere il numero del capitolo nella numerazione.
Un aspetto tecnico che spesso viene trascurato riguarda i caratteri tipografici. La regola professionale suggerisce di usare un font sans-serif (senza grazie) come Arial o Helvetica per le didascalie, mentre il corpo della tesi dovrebbe essere in un font serif come Times New Roman o Garamond. Perché? I caratteri sans-serif sono più leggibili in corpi piccoli e creano un contrasto visivo con il testo principale, aiutando l’occhio a distinguere immediatamente cosa è didascalia e cosa è testo normale. Chiaramente questa è una convenzione raffinata, non un obbligo, ma se vuoi dare alla tua tesi quel tocco in più di professionalità, vale la pena applicarla.
Per quanto riguarda l’allineamento, hai tre opzioni principali: allineamento a sinistra (più informale, adatto a tesi umanistiche), centrato (il più usato, elegante e neutro) o giustificato (raramente usato per le didascalie). Il mio consiglio? Vai di centrato, è la scelta più sicura e universalmente accettata. L’importante è che poi ogni didascalia segua lo stesso allineamento: la coerenza visiva è ciò che distingue una tesi curata da una raffazzonata.
Mettiamo che tu stia scrivendo una tesi in Architettura, Ingegneria, Belle Arti o qualsiasi altra disciplina che richiede un uso massiccio di materiale visivo. Ti ritrovi con trenta, quaranta, magari cinquanta immagini distribuite in tutta la tesi. Come fai a non perdere il controllo? La soluzione professionale si chiama indice delle illustrazioni, e no, non è un vezzo: è uno strumento prezioso sia per te che per chi leggerà il tuo lavoro.
L’indice delle illustrazioni funziona esattamente come l’indice generale, ma elenca solo le figure con i rispettivi titoli e numeri di pagina. Si posiziona subito dopo l’indice principale e prima dell’inizio dei capitoli veri e propri. Se la tua tesi ha molte immagini, potresti aver bisogno di un indice delle illustrazioni dedicato che aiuti il lettore (e la commissione) a trovare rapidamente una figura specifica. Word genera questo indice automaticamente se hai usato correttamente la funzione “Inserisci didascalia”: vai su Riferimenti > Inserisci indice delle illustrazioni, e il gioco è fatto.
In alternativa, specialmente se le tue immagini sono parte di un corpus documentale (fotografie d’archivio, riproduzioni artistiche, campioni sperimentali), puoi raccogliere tutto il materiale visivo nell’appendice con elenco delle figure in fondo alla tesi. Questa soluzione funziona particolarmente bene quando le immagini non sono strettamente integrate nel testo ma servono come riferimento consultabile. Per esempio, una tesi in Storia dell’Arte potrebbe avere tutte le riproduzioni delle opere analizzate raccolte in appendice, con rimandi nel testo tipo “si veda l’immagine 23 in appendice”.
Un ultimo consiglio per chi ha tante immagini: scegli se vuoi una numerazione progressiva continua (Figura 1, 2, 3… fino alla fine della tesi) oppure una numerazione per capitolo (Figura 1.1, 1.2 nel primo capitolo, poi 2.1, 2.2 nel secondo, e così via). La numerazione per capitolo è più comune e generalmente più pratica, perché localizza immediatamente l’immagine all’interno della struttura della tesi. Ma se hai poche figure spalmate su molti capitoli, la numerazione continua può essere più semplice.
Ecco il punto che terrorizza tutti i laureandi: il copyright. La buona notizia è che citare correttamente le fonti delle tue immagini ti protegge completamente da qualsiasi problema legale. La regola d’oro è semplicissima e non ammette eccezioni: SEMPRE citare la fonte, anche se “è solo un’immagine”, anche se l’hai trovata su Google Immagini, anche se “tanto nessuno se ne accorge”. Se ne accorgono eccome, e soprattutto è una questione di correttezza intellettuale prima ancora che legale.
Il formato della citazione cambia a seconda del tipo di fonte. Per libri e articoli scientifici segui lo stesso stile bibliografico che usi per il resto della tesi: se stai usando lo stile APA, cita l’immagine in stile APA. Se usi lo stile Chicago, idem. La coerenza è fondamentale. Per approfondire tutte le modalità di citazione delle fonti visive, specialmente quando vuoi essere precisissimo, leggi come citare fonti delle immagini nelle note a piè di pagina: questo sistema ti permette di mantenere le didascalie snelle e spostare le informazioni bibliografiche complete nelle note.
Per le immagini da musei o archivi, riporta sempre il nome completo dell’istituzione, il numero di catalogazione se disponibile e l’anno o periodo dell’opera. Esempio: “Museo del Louvre, Parigi, inv. n. RF 1996-5”. Questi dettagli permettono a chiunque di rintracciare l’opera originale, che è esattamente lo scopo di una citazione corretta.
E le immagini con licenza Creative Commons o completamente libere? Anche quelle vanno citate. Scrivi qualcosa tipo: “Immagine di John Doe, disponibile su Unsplash.com con licenza CC0” oppure “Wikimedia Commons, pubblico dominio”. Specificare la licenza è un plus che dimostra che hai fatto i compiti a casa e sai esattamente cosa puoi usare e come.
Un caso particolare riguarda le immagini da Google Street View o Google Maps: se usi uno screenshot di una mappa, devi citare: “Google Maps, screenshot del 15/03/2024, disponibile su maps.google.com”. Google richiede esplicitamente l’attribuzione per l’uso delle sue mappe, quindi non puoi semplicemente inserirle senza dire da dove vengono.
Piccolo segreto finale: se hai dubbi sulla liceità dell’uso di un’immagine, metti sempre la citazione completa e aggiungi una nota tipo “Immagine riprodotta a esclusivo uso didattico e di ricerca ai sensi dell’art. 70 della Legge sul Diritto d’Autore”. Questa frase ti copre nella maggior parte dei casi di fair use accademico, ma chiaramente non abusarne: se puoi usare immagini libere o autoprodotte, fallo.
Hai scritto didascalie impeccabili per ogni singola immagine, hai controllato tre volte che tutte le fonti siano citate correttamente, hai verificato che la numerazione sia progressiva e coerente. Perfetto. Ora arriva l’ultimo step, quello che spesso viene sottovalutato: assicurarti che nella versione stampata tutto sia davvero perfetto come sullo schermo.
Prima di mandare in stampa la tua tesi, fai sempre un test di stampa di almeno due o tre pagine contenenti immagini. Perché? Perché quello che vedi sul monitor non è sempre quello che ottieni sulla carta. I colori possono risultare più spenti, le immagini piccole possono diventare illeggibili, i grafici con linee sottili possono sparire. Controlla che tutte le tue immagini abbiano una risoluzione di almeno 300 dpi per la stampa: è lo standard che garantisce nitidezza anche su carta di qualità. Se un’immagine sembra sgranata in anteprima di stampa, probabilmente lo sarà anche nel prodotto finale, quindi meglio sostituirla o migliorarla prima.
Prima di stampare, assicurati di aver curato anche il frontespizio tesi con logo del tuo ateneo: spesso il logo universitario è un’immagine che deve avere dimensioni e posizionamento precisi secondo le linee guida. Non sarebbe bello avere una tesi perfetta rovinata da un logo pixelato sulla prima pagina, vero?
Scegli con attenzione colori e rilegatura della tesi perché le tue immagini risaltino al meglio. Una tesi con molte fotografie a colori merita una stampa fotografica di qualità e una rilegatura che la protegga. Se hai grafici o diagrammi complessi con leggende e colori, assicurati che la stampa sia a colori e non in bianco e nero, altrimenti rischi che diventino incomprensibili. Sembra banale, ma ho visto tesi con grafici a torta tutti grigi dove era impossibile distinguere le fette: un disastro evitabile con un minimo di attenzione.
Per impaginare correttamente immagini e didascalie senza impazzire, usa sempre gli strumenti di ancoraggio di Word o LibreOffice: lega ogni immagine al paragrafo corrispondente, così se modifichi il testo l’immagine si sposta di conseguenza mantenendo la posizione corretta. Evita di posizionare le immagini “a mano” trascinandole dove ti pare: al primo piccolo cambiamento nel testo si scompaginerà tutto e ti ritroverai con didascalie orfane e immagini nel posto sbagliato.
Un ultimo controllo pre-stampa: stampa l’indice delle illustrazioni (se lo hai) e verifica che tutti i numeri di pagina corrispondano effettivamente alla posizione delle figure. Word a volte fa scherzi strani con l’aggiornamento automatico degli indici, quindi meglio controllare manualmente prima di inviare tutto in tipografia.
Dalle didascalie perfette alla tesi stampata: ora le tue immagini non sono più elementi sparsi nel documento, ma parte integrante del tuo lavoro di ricerca. Ogni figura ha la sua identità, ogni fonte è correttamente citata, ogni rimando nel testo è preciso. Hai trasformato un potenziale tallone d’Achille in un punto di forza della tua tesi.
Quando avrai completato didascalie, bibliografia e ogni singolo dettaglio della formattazione, sarà il momento di vedere la tua tesi prendere forma fisica.
Tesissima è il servizio di stampa tesi online che trasforma mesi di fatica, nottate a scrivere e revisioni infinite in un volume rilegato di cui andare davvero fieri. Stampa professionale di altissima qualità, consegna veloce anche in 24 ore se sei in emergenza, e soprattutto la soddisfazione di tenere finalmente tra le mani il tuo traguardo. Quel momento in cui sfoglierai la tua tesi stampata e vedrai che ogni immagine, ogni didascalia, ogni dettaglio è esattamente al posto giusto: quello è il momento in cui capirai che ne è valsa la pena.
La laurea è più vicina di quanto pensi, e la tua tesi è pronta a raccontare la tua storia. Con le didascalie giuste, anche le immagini parleranno forte e chiaro.
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